camminare insieme Aprile 2007   


Credo nella risurrezione della carne

Ma nella Risurrezione i cristiani ci credono?
L’anima, la vita, la morte: la mia umanità risorge?

Quanti e come si pongono oggi questo interrogativo centrale per la fede cristiana, ma che investe anche non credenti e agnostici?

Molti, mi pare, accettano di lasciarsi interrogare dalla questione del “dopo” del “quando” e del “come” avverrà la risurrezione: una realtà che per primo Gesù ha sperimentato con la trasformazione del suo corpo sofferente in corpo glorioso, ma il cui annuncio - “scandalo per i greci, follia per i pagani” - sembra oggi avvolto da una cortina di silenzio tra gli stessi cristiani e nella loro stessa Chiesa.

Del “Regno di Dio”, dove avrà dimora stabile la giustizia, dove tutti noi in una condizione che oggi non possiamo immaginare, ritroveremo le persone care in una luce nuova e il nostro dolore sarà trasformato in gioia, i cristiani non parlano più.

Silenzio, forse dettato da una fede carente, immerso da una cultura dominata dal materialismo o in un vago spiritualismo, spesso confinante con la superstizione o credenze new age e dimentico di ogni speranza cristiana.

La fede è messa a dura prova: “Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà forse la fede sulla terra?” vorrei confermare a quanti mi leggono che la vita ha sempre il sopravvento sulla morte, che la luce vince il buio, che il bene si afferma sempre sulla meschinità.

Sono qui per annunciarvi la Pasqua, la Risurrezione.
La Risurrezione non è un fiore che sboccia solamente quando la stagione degli anni è terminata, ma è seme seminato dentro la storia, nel cuore dei popoli; prima o poi finisce per germogliare.

Nel cuore dell’uomo non sono stati seminati i germi della morte, ma la semente della vita e del bene.

Certamente, credere alla risurrezione è un atto di fede; il Risorto non si vede alla televisione, ma resta sempre, l’ambiguo segnale del sepolcro vuoto. Dio, ha scritto l’apostolo Giovanni, nessuno l’ha mai visto, ma se ami i fratelli, nell’amore puoi cogliere nel cuore la sua presenza.

Davanti ai dubbi la risposta è semplice: se conosci Gesù e impari ad amarlo, troverai le risposte.

Buona Pasqua a tutti i fratelli e sorelle cristiani.

Buona Pasqua agli ammalati, agli anziani, a chi ha delle pene e delle preoccupazioni nel cuore.

Don Guglielmo Cestonaro - Parroco
gcestonaro@murialdo.org






Appuntamento con il

Come d’uso in questi ultimi anni e secondo le disposizioni sinodali, nella seduta del 19 marzo è stato presentato e discusso il bilancio consolidato della Parrocchia/Anspi, che, per l’anno 2006, ha presentato un saldo positivo e rassicurante, anche in previsione dei futuri lavori di ristrutturazione della chiesa.

Inoltre è stata presentata la prima bozza del Progetto Pastorale Parrocchiale che ci accompagnerà fino al 2011.

L’icona scelta fa riferimento alla prima comunità cristiana degli Atti degli Apostoli (cap. 2, 42 ss).

Il Progetto Pastorale Parrocchiale si basa sui tre pilastri della Catechesi, della Liturgia e della Carità.

Si è parlato a lungo dei soggetti della corresponsabilità, quali il presbiterio parrocchiale, il CPP, il CPAE, il Consiglio dell’Oratorio e le varie Commissioni parrocchiali.

Numerosi sono i gruppi operativi del Progetto.

Sarà senz’altro un importante strumento di crescita e di confronto per la parrocchia e per tutti i gruppi che ne fanno parte.

Il documento è stato discusso e sarà ulteriormente rivisto nei prossimi incontri.

Emauele Colombo







Ecco io sono con te
(Gn 28, 10-22)

 



Il sogno di Giacobbe

[10] Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. [11] Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. [12] Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. [13] Ecco il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza. [14] La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra.
[15] Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t'ho detto». [16] Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». [17] Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». [18] Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. [19] E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz. [20] Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, [21] se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. [22] Questa pietra, che io ho eretta come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai io ti offrirò la decima».




Giacobbe è in fuga, perseguitato dall’ira del fratello ingannato, ha lasciato dietro le spalle la sicurezza del suo mondo per vivere le fatiche dell’emigrante, ma, in questo duro cammino egli ha un segno dell’amore di Dio che non lo dimentica.

Il sogno di Giacobbe è una rivelazione della presenza di Dio al suo fianco.

Dal punto di vista teologico, ritroviamo qui la trama di tutta la storia patriarcale: la promessa di Dio ad Abramo, ripetuta ad Isacco ed ora a Giacobbe. La giustificazione di tale promessa consiste solo nella fedeltà di Dio alla sua Parola perché si possa compiere il suo disegno. Quando Giacobbe sarà abituato a vivere lontano dal suo paese, come succede agli emigranti, egli terrà sempre accesa una fiaccola di speranza, che consiste nella promessa del ritorno e della presenza di Dio: “Io sarò sempre con te”.

Nel sogno c’è un simbolo molto orientale: la scala che descrive il cammino dell’uomo verso Dio, o meglio l’incontro tra Dio e l’uomo; e, affinché nessuno possa avere dei dubbi questo simbolo è animato dagli angeli che scendono e salgono la scala. Gli angeli sono i messaggeri di Dio per eccellenza e lasciano nelle mani di Giacobbe semplicemente una realtà, la Parola. Quella visione allora è la storia della comunione con Dio, è la storia dell’intimità con lui: Dio è in rapporto stretto con gli uomini.

Questo passo inoltre ci dice che a Giacobbe è fatta una vera rivelazione: Dio è presente dappertutto e non, come si credeva allora solo nel paese e nella località di cui era il Dio; quella di un Dio che è misericordioso e buono, mentre l’uomo è spaventato di scoprire la sua presenza là dove non se lo aspettava. Ormai il Dio che parla a Giacobbe è il medesimo Dio dei suoi padri Abramo ed Isacco, e questo Dio non è limitato nell’esercizio del suo potere ad una località, ma agisce dappertutto. Questo concetto che per noi è acquisito è una scoperta molto importante nella storia del popolo di Israele che lo porterà ad una scoperta ancora più importante: quella di una promessa di Dio che si farà uomo.

Per noi questa promessa è la concretezza dell’Eucaristia: il Dio con noi.


Gabriella Francescutti



    

Celebrazioni Liturgiche della Settimana Santa


Lunedì Santo - 2 aprile - SS. 40 ore
Ore 15.30 - 19.30 Adorazione silenziosa

Martedì santo - 3 aprile - SS. 40 ore
Ore 15.30 - 19.30 Adorazione silenziosa
ore 21.00 Confessioni Comunitarie

Mercoledì santo - 4 aprile - SS. 40 ore
Ore 15.30 - 19.30 Adorazione silenziosa

Giovedì santo - 5 aprile
Ore 8.30 ufficio delle Lodi
Pomeriggio: sacerdoti disponibili per le confessioni
Ore 17.00 - S. Messa in Coena Domini per bambini e anziani
Ore 21.00 - S. Messa in Coena Domini per tutti
Segue adorazione animata dai giovani

Venerdì santo - 6 aprile
Durante il giorno: sacerdoti disponibili per le confessioni
Ore 15.30 - solenne Via Crucis
Ore 17.00 - sacerdote disponibile in via Gonin
Ore 21.00 - Celebrazione della croce

Sabato santo - 7 aprile
Ore 8.30 - ufficio delle Lodi
Pomeriggio: sacerdoti disponibili per le confessioni
Ore 17.00 - sacerdote disponibile in via Gonin
Ore 22.00 - Solenne Veglia Pasquale

Domenica di Pasqua - 8 aprile
SS. Messe orario festivo
ore 8.00 - 10.00 - 11.15 - 18.00
ore 19.00 nella cappella di via Gonin

Lunedì dell'Angelo - 9 aprile
SS. Messe ore 8.30 - 10.00 - 18.00



Il suo spirito è nel nostro cuore

Ci sembra ieri che le campane del Vaticano suonavano a distesa per annunciare il ritorno alla casa del Padre del nostro grande Papa Giovanni Paolo II.
Oggi a 2 anni del suo trapasso sentiamo ancora risuonare l’eco della sua parola che ci insegnava il “Vangelo della sofferenza”, anche perché negli ultimi anni della sua vita l’ha vissuta in prima persona come grande dono di Dio.

Con la sua scomparsa a noi è rimasto nel cuore il seme della speranza che il suo Spirito vive in noi e per quanti lo hanno amato. Si, perché, “nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di ogni cristiano che l’amava”.
Il nostro grande Papa ci lasciava l’esempio di come si porta la croce di Cristo in particolare quando si provati dalla sofferenza fisica. Lui infatti ha parlato spesso del Vangelo della sofferenza che si affianca all’apostolato e all’ascolto della Parola di Dio. Egli la sofferenza l’ha vissuta in pieno stato di serenità fino alla morte, con fede e coraggio indomabile, mentre introduceva la Chiesa nel terzo millennio della sua storia.

Il suo corpo energico e atletico si andava man mano indebolendo e incurvando fino all’immobilità degli ultimi mesi. Lo ricordiamo bene, lui è stato icona della sofferenza: a stento negli ultimi anni riusciva a camminare sorretto dal pastorale, come Cristo sulla strada del sacrificio. Parlava con crescente difficoltà, eppure non rinunciava a dialogare con tutti i pellegrini che incontrava. Con visibile fatica si reggeva in piedi, ma non rinunciava mai agli impegni del suo apostolato.
Lo ricordiamo negli ultimi giorni della sua vita con la testa attaccata alla Croce. Lo ricordiamo ancora negli ultimi giorni quando con amore chiedeva “lasciatemi andare dal Padre”. Con molta gratitudine il Padre lo ha accolto: “Bene, servo buono e fedele… vieni a partecipare alla gioia del tuo Signore, insieme agli eletti”. (Mt. 25, 21-22)

Luigi Corlianò




Annotazioni al bilancio 2006



Le cifre riassunte in questo prospetto rispecchiano fedelmente ed interamente la consistenza del Bilancio economico-fìnanziario della Parrocchia per l'anno 2006.
Più che una Relazione e documentazione delle singole voci - la quale è già stata fatta ed approvata dal C.P.A.E e dal C.P.P. - queste righe vogliono essere solo una sottolineatura dei risultati generali.

Notevole la consistenza delle entrate collegate alle varie attività della Parrocchia e quindi risultanti dall'apporto di tutti coloro che si sentono veramente parte della Comunità. Esse hanno superato, globalmente, le entrate straordinarie legate all'affitto degli immobili della Parrocchia. Nonostante questo, le entrate ordinarie non riuscirebbero, da sole, a sostenere tutti i costi di gestione ordinaria del nostro complesso.

Con le entrate straordinarie, qui riportate al netto di tutte le tasse regolarmente versate, la parrocchia - per la prima volta dopo parecchi anni - può incominciare a disporre di un consistente “avanzo di esercizio” come base per un concreto piano di finanziamento per i lavori di ristrutturazione interna della chiesa e rifacimento degli impianti. Si tratta di opere che non si possono più rimandare.

Questo risultato è tanto più significativo perché, nello scorso anno finanziario sono state saldate tutte le spese collegate con il rifacimento della facciata e la sistemazione del piazzale della Chiesa. Abbiamo inoltre motivo di contare sul perdurare di questa situazione positiva avendo potuto affittare a un nuovo gestore - Fondazione ENAIP Lombardia - i locali dell’edifìcio scolastico.

Il "grazie" per tutti questi aspetti positivi, raggiunti con la collaborazione di tanti parrocchiani, diventa motivo di rinnovata fiducia nel Signore che guida la "storia" della nostra Parrocchia.

Don Modesto Sibona



Una bella amicizia

Per parlarvi di Pia Compagnoni mi ci vorrebbe tutto un Camminare Insieme, e penso che chi di voi nelle sere del 2 e 9 marzo abbia avuto la fortuna di ascoltarla, nelle riflessioni - Il lago che Gesù amava; come Gesù celebrava la Pasqua - capisca perché.

Di nazionalità svizzera, Pia fa parte, dal 1963 della Compagnia di San Paolo che si rifà allo spirito del Beato Cardinal Andrea Carlo Ferrari. In un primo tempo ha lavorato nella sala stampa del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo negli anni 1962 - 1965.
Poi dal 1967 ha guidato comitive di pellegrini in Terra Santa, per i pellegrinaggi paolini. I pellegrinaggi sono stati, per chi ha avuto la fortuna di parteciparvi, un camminare insieme in fraternità, con Bibbia alla mano, per riscoprire il Paese dello Splendore, lì dove la Parola si è fatta Carne. Recitare con Pia un Salmo è come scoprire in quanti e in quali modi Dio ci parla e parla anche a noi, ora, cosi come parlava ai Suoi.

Ho avuto la fortuna di conoscerla nei 2 mesi delle mie vacanze estive in una struttura dell’Opera Cardinal Ferrari e posso affermare con certezza che la mia conoscenza dell’Amore di Dio si è fatta speranza. Amando i Luoghi Santi, Pia ha favorito con intelligente impegno, l’unione e il rispetto reciproco fra le tre religioni monoteiste nate dal ceppo di Abramo. Ebrei, che lei chiama nostri fratelli maggiori, Cristiani e Mussulmani sono da lei amati e stimati in uguale misura e soffre per Gerusalemme senza pace. Grazie alla sua capacità di supporto, alla sua conoscenza delle lingue, alla sua apertura al bello e alla cultura di qualsiasi popolo, ha creato attorno a sé amicizie preziose che vanno dalle persone più semplici, come la sottoscritta, a quelle di alta cultura. Ecco, questa è la mia amica Pia alla quale voglio un mondo di bene e della cui amicizia ringrazio il Signore.

Elda Valeri



DIALOGO APERTO

La confessione: che ne dici?

Ho chiesto la collaborazione ad alcune persone che conosco perché raccontassero la loro esperienza penitenziale. Li ringrazio per le cose edificanti che mi hanno donato. Ho messo per riservatezza solo la iniziale del loro nome.

Per G. 25 anni laureato in scienze politiche: “ho imparato che la confessione è una sosta che rinfranca. Forse la cosa più impegnativa è prendere coscienza dei propri peccati e pentirsi: è la condizione per il perdono. Io mi rivolgo possibilmente allo stesso sacerdote, che mi conosce e sa aiutarmi”.

Per L. 43 anni, sposato, due figli: “La confessione è una cosa sicuramente bella, ma costa fatica. Mettersi di fronte a Dio con le proprie miserie non è mai gratificante. Se poi non facessi mai gli stessi errori, ma ne facessi sempre diversi… è grande consolazione, invece, sapere che c’è un Padre che ci sa perdonare anche quando sbagliamo ripetutamente”.

“Alcune volte mi sono dovuto trattenere: sentivo il bisogno di piangere”. Confessa G. “per aver sentito il perdono e una consolazione grande: è stato come sciogliersi davanti ad un amico, al papà o alla mamma, quando si dice la verità e ci si sente amati. Forse mi sento più amato da Dio nel sacramento del perdono che durante l’Eucaristia”.

Ringrazio di cuore questi amici per la sincerità con cui hanno voluto farci dono del loro cammino di riconciliazione. Non dobbiamo mai dubitare della misericordia di Dio. Il prete, don Milani, profeta degli anni ‘60, contestato anche dalla Chiesa ebbe a scrivere: “rimango nella Chiesa perché c’è il perdono”.

C.G.



Conferenza San Vincenzo
Rendiconto economico - anno 2006




11 febbraio 2007:

Presentazione dei cresimandi alla comunità

I 45 ragazzi si sono presentati così:

Siamo i ragazzi della prima media e ci troviamo qui, davanti a Gesù, per condividere insieme a tutta la comunità il nostro desiderio di ricevere la Cresima. Giorno dopo giorno, attraverso gli incontri di catechesi e l’esperienza di una comunità viva sta crescendo in noi la consapevolezza di quanta importanza avrà la cresima nella nostra vita e che siamo chiamati a trovare il nostro posto nella comunità, nella vita e nel mondo.

Tu ci chiami, Signore, e siamo vicini a te. Siamo davanti a te senza paura, senza preoccupazioni. Ci sentiamo liberi perché stiamo con te. Tu rivesti di bontà la terra. Tu ci hai cercato, ci ami da sempre, tu ci hai scelto. Noi apparteniamo a te, viviamo per te.

Chiediamo innanzi tutto a Gesù, attraverso il dono dello Spirito Santo, di farci costantemente da luce e da via, ma chiediamo anche il sostegno, l’incoraggiamento e l’accoglienza da parte di tutta la comunità, affinché possiamo trovare in essa una famiglia che ci aiuta a crescere.

I Cresimandi




“13 a tavola”

Dopo un anno di intenso lavoro, il Gruppo Teatro Giovani (GTG) ha rappresentato il 24 febbraio 2007 per la festa di carnevale nel nostro oratorio la divertente commedia di M.G. Sauvajon "13 a tavola".

E' stata un'esperienza indimenticabile: perchè è stata la prima e poi perchè si è creata una bella atmosfera e un affiatamento che hanno reso il lavoro meno pesante e più piacevole.

E' stato bello veder ripagati i nostri sforzi da un pubblico entusiasta.

Naturalmente per la riuscita dello spettacolo abbiamo ricevuto un sacco di aiuti. A dire il vero ci servirebbero papiri.… per ringraziare tutti , quindi l'unica cosa che possiamo dire è grazie a tutti voi che ci siete stati vicini, ci avete sostenuto!!!

Al prossimo spettacolo! lo staff

Giulia, Stefano, Irene, Laura, Andrea e tutti i GTG



Un pensiero per Rosario Avino,



che sarà ordinato sacerdote il 21 aprile, insieme ad altri 2 giovani, a San Giuseppe Vesuviano. Sicuramente ci sarà un gruppo milanese presente all’ordinazione, ma non tutte le persone che lo hanno conosciuto nei 2 mesi che nell’estate 1999 hanno collaborato con don Sandro e lui ad animare le attività estive dell’oratorio di Milano. Io lo ricordo molto bene soprattutto per la sua pazienza, serietà e discrezione. Doti molto belle, considerando che era ancora all’inizio del suo cammino che lo porta ora a diventare sacerdote.

Lo abbiamo seguito da lontano prima nel suoi studi di teologia in Brasile, e poi nel generoso magistero che ha svolto in Africa. Dalle pagine di “Vita Giuseppina” e di alcuni parrocchiani andati a Bissau durante la sua permanenza laggiù.

Qualche anno fa è venuto anche a trovarci ed è stato accolto con molta gioia dagli animatori dei suoi tempi. L’ho visto a Torino all’ordinazione di Gianlorenzo.

Ringraziamo il Signore per Rosario, Giuseppe Minisci, Giuseppe d'Oria, dono grande alla Chiesa e ai Giuseppini del Murialdo.

Ringraziamo le loro famiglie, i formatori, i superiori e tutte le persone che li hanno sostenuti nella loro vocazione.

Per Rosario e per i suoi confratelli la nostra preghiera e l’augurio di un ministero gioioso e di una semina e una messe feconda.

Nella foto Rosario insieme a don Sandro durante una bella serata di quell’estate, che credo anche lui ricordi con simpatia.

Vienici a trovare, ti aspettiamo. Buon cammino!

Concetta Ruta
conci.ruta@tiscali.it


Gesù Cristo chi sei?

Una settantina di giovani delle opere giuseppine del Nord Italia si sono posti questa domanda durante un’esperienza forte di esercizi spirituali a Bosco Chiesanuova sui monti della Lessinia in provincia di Verona dal 9 all’11 marzo. Ha guidato le riflessioni don Franco Tassone responsabile della Casa del Giovane di Pavia. Ascoltando e meditando anche con l’aiuto di immagini gli incontri di Gesù con il giovane Ricco, con Zaccheo e con i discepoli di Emmaus ci siamo interrogati su quanto l’incontro con Gesù è trasformante.

L’incontro con Gesù non è solo andare con lui ma chiede anche la risposta. La folla lo seguiva e non permetteva a Zaccheo di vederlo; il giovane ricco se ne è andato via triste perché aveva il suo piano particolare e non poteva accogliere quello di Gesù. Luca ci dice che Zaccheo accoglie Gesù pieno di gioia perché riconosce se stesso in lui, riacquista l’immagine di figlio d’Abramo.

Papa Benedetto XVI ha ricordato ai giovani l'invito a non avere paura di incontrare Gesù, dicendo che non è vero che in Gesù si perde la libertà, ma si guadagna una libertà piena di gioia perché in lui troviamo il significato di tutto ciò che siamo e ciò che facciamo.

L’ultima riflessione è stata dedicata all’incontro tra Madre Teresa di Calcutta e Gesù. Madre Teresa scriveva a tutta la famiglia delle Missionarie della Carità: “Mi preoccupa il pensiero che alcune di voi ancora non abbiano incontrato Gesù a tu per tu, da solo a sola. Potete passare anche del tempo in cappella, ma avete mai visto con gli occhi dell’anima l’amore con cui Egli vi guarda? Conoscete davvero il Gesù vivo: non dai libri, ma stando con lui nel vostro cuore? Avete mai udito le parole d’amore che egli vi rivolge?…” e ancora rispondeva: “Chi è Gesù per me?“ Gesù è l’Affamato da saziare. È l’Assetato da dissetare. È il Nudo da vestire. È il Senza tetto da ccogliere. È l’Ammalato da curare. È la Persona sola da amare. Per me Gesù è il mio Dio. Gesù è il mio sposo. Gesù è la mia vita. Gesù è il mio solo amore. Gesù è il mio tutto di tutto. La mia pienezza.

Don Samuele Cortinovis
samuelec@murialdo.org



Anno della Comunità


Ad ottobre i ragazzi dell’Anno della Comunità, che a maggio 2006 hanno accolto Gesù attraverso l’Eucaristia, hanno ripreso gli incontri di catechismo per approfondire il loro cammino di fede. All’inizio è stata sottolineata l’importanza della preghiera e di ricevere Gesù attraverso la Comunione ogni domenica durante la Messa, come anche quella dell’ascolto della Sua Parola con le letture che vengono proposte. Così hanno appreso che cos’è la Bibbia, come è suddivisa e hanno familiarizzato con la lettura del Vangelo che gli è stato regalato il giorno della Prima Comunione.



Il passo successivo è la conoscenza e l’importanza dei dieci comandamenti che Dio ci ha donato per vivere da cristiani.



L’Augurio per questi ragazzi è di continuare la loro crescita nella fede, per arrivare il prossimo anno a ricevere il Sacramento della Cresima consapevoli dell’impegno che si assumono nella comunità.



Silvia Casaleggi



Via  Crucis  DIOCESANA

Dio Padre buono,
tu hai donato il tuo figlio Gesù per la salvezza di ogni uomo.
Per noi egli è morto sulla croce. Ma la morte non ha vinto.
Egli è risorto e con lui anche
noi risorgeremo.
Con questa speranza viva nel cuore rendici testimoni
del tuo amore per tutti i fratelli.

Con questa preghiera, pronunciata dal Card. Tettamanzi, e la Sua benedizione impartita agli oltre 1000 partecipanti, si è conclusa la Via Crucis 2007 della Zona Pastorale I, partita dalla parrocchia San Giovanni Battista alla Creta e conclusa sul sagrato della parrocchia San Leonardo Murialdo.

Giovedì 22 marzo, in una serata non particolarmente fredda, la Via Crucis è partita puntuale: alla sua testa i chierichetti a due a due con le torce accese, il Crocifisso di San Damiano portato da una coppia di fidanzati, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, il vescovo ausiliario mons. Erminio de Scalzi e i sacerdoti diocesani e religiosi del decanato e poi a seguire i numerosi fedeli, intere famiglie, coppie, giovani e anziani.

Lungo tutto il percorso - dove alcuni volenterosi hanno messo dei lumini alle proprie finestre, e si notava la disponibilità di numerose ambulanze e l’assistenza dei Vigili Urbani - era stato predisposto un eccellente impianto audio affinché tutti potessero sentire e partecipare attivamente utilizzando il fascicolo: “Ci ha amato sino alla fine”.

Unanime e costante per tutto il percorso è stata la partecipazione alle preghiere e ai canti guidati dai lettori e dai cantori, dalla chiesa di San Leonardo Murialdo.

Interessanti sono state l’attenzione e la serietà con cui gruppi di immigrati affacciati alle finestre e ai balconi hanno guardato - non fuggevolmente - lo snodarsi e il procedere della Via Crucis.

“Ci ha amato fino alla fine” Ricordatevi le sue parole!, questo è stato il tema della Via Crucis diocesana 2007: le ultime sette parole di Gesù sulla Croce.
A queste sette parole sono state associate sette Stazioni.
Le ultime sette parole di Gesù sono una mirabile sintesi di tutta la Parola di Dio. Si possono individuare tre frasi rivolte al Padre e quattro frasi rivolte ai discepoli e discepole - santi e peccatori - di tutti i tempi. Le tre frasi rivolte a Dio iniziano con una richiesta al Padre:
«Padre, perdona a loro, perché non sanno quello che fanno»
hanno il punto centrale nel famoso grido per l’assenza del Padre
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»
e, alla fine, sono rivolte di nuovo al Padre
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito».

Quattro sono rivolte alle persone che stanno ai piedi della croce.
«In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso»
(al discepolo ladrone);
«Donna, ecco tuo Figlio! Ecco tua madre»
(alla madre e discepola Maria e al discepolo Giovanni);
«Ho sete»
(alla donna-discepola samaritana, Gv 4,7);
«Tutto è compiuto»
(ai discepoli e discepole che ricevono l’impegno di amare fino alla fine).
La Via Crucis di quest’anno descrive quindi la grande parabola dell’Amore di Dio e il progressivo cammino d’amore del discepolo!

Famiglia ascolta la Parola di Dio: è l’invito rivolto dal nostro Arcivescovo a tutte le famiglie della Chiesa Ambrosiana. È bello meditare queste sette parole di Gesù, è salutare richiamarle spesso nel cuore di ciascuno e nei momenti di preghiera in famiglia.

Arrivati alla fine della Via Crucis, sul sagrato della parrocchia San Leonardo Murialdo, il Cardinale Tettamanzi ha pronunciato una breve riflessione conclusiva: “Ricordatevi le sue parole”, rinnovando a tutti l’invito ad aprirsi alla Parola, a saperLa ascoltare, a farsene portatori, ma ancora più di viverLa ed infine, il Cardinale ha voluto attirare l’attenzione su un ultimo elemento: i silenzi di Gesù di fronte a chi lo invitava a salvare se stesso, a chi sperava ancora in una “rivelazione” di potenza. Invece, dopo queste parole, c’è stato il silenzio di Gesù ed è stato con quel silenzio che si è definitivamente compiuta la Redenzione dell’umanità intera.

Giuseppe Giandomenico


Chi è san Giuseppe?

Abbiamo festeggiato San Giuseppe - e la festa del papà - lo scorso 19 marzo. Essere padre è una gioia: crescere il proprio figlio è vivere giorno per giorno tenere novità. Lavorare, dedicare tempo, curarlo, coccolarlo, educarlo, quante cose vorrebbe fare un buon papà per amore del suo bambino! Darebbe anche la vita per lui.

E Giuseppe? Si dice di lui: è padre putativo di Gesù, è custode di Gesù. Ma quanto di più lo ha amato! Dopo lo smarrimento dei primi momenti: “Maria, tua sposa, è incinta, aspetta un figlio. Non è tuo, ma nasce da Spirito Santo”. “Non abbandonare Maria, prendila con te”. “Partorirà un figlio e tu gli metterai nome Gesù”.

Giuseppe ha creduto, ha obbedito al Suo Signore e ha riversato tanto amore su Maria e quel bimbo che Dio gli aveva affidato. Giuseppe ha consegnato la sua vita nelle mani di quel bimbo. L’ha tenuto per primo tra le braccia quando è venuto al mondo, l’ha cullato con amore. Lo ha cresciuto, educato, preparato alla vita. Con lui ha giocato, dialogato, “camminato”.

Giuseppe, padre nell’ombra, uomo del silenzio, ma quanto parla il suo silenzio! Attento e ubbidiente alla volontà di Dio sempre, lavoratore onesto, mai stanco, per offrire una vita semplice e sicura per la sua piccola ma “grande” famiglia.
Fedele, amorevole, modello per ogni papà. San Giuseppe non ha vissuto che per Maria e Gesù. Non c’è parola alcuna pronunciata da Giuseppe nel Vangelo, non si sa quando Dio lo ha richiamato a sé, ma la sua vita riecheggia fino alle ultime pagine del Vangelo attraverso la vita di Gesù, con quell’amore reso divino dal Padre Celeste.

E, certamente, quell’amore era invisibilmente presente anche davanti alla croce per dare, ancora una volta, la mano al suo Gesù. Chi è San Giuseppe? Inizia così una preghiera-riflessione del Murialdo. Egli lo chiama “il nostro Santo”. Chi è San Giuseppe? Un uomo umile e semplice nella vita, ma grande e forte nell’amore, quell’amore che, abbracciando Maria e Gesù, ha reso possibile il progetto di Dio per la nostra salvezza.

Fulvia Briasco



IL CROCIFISSO DI SAN DAMIANO

Il 16 marzo fra’ Paolo Ferrario, della vicina Parrocchia di San Giovanni Battista alla Creta, ha guidato la nostra serata quaresimale in una meditazione davanti al Crocifisso di San Damiano, una copia dell’originale gelosamente custodito dalla Sorelle Povere di Santa Chiara nel monastero di Assisi.

Questo Crocifisso, di un autore ignoto del XII sec., ha avuto una parte importante nella conversione di San Francesco prima e di Santa Chiara poi.

Anche se la tradizione delle icone non è tipica della nostra storia dell’arte, appartenendo più a quella dell’Europa orientale, questa immagine è proprio un’icona classica, vale a dire un’opera che “attraverso il disegno, i simboli, la luce, i colori trasmette i misteri di Dio”.

La meditazione di frate Paolo si è svolta confrontando questo Crocifisso con quello sull’altare, la rappresentazione classica della Croce cui siamo abituati, mettendone in evidenza le differenze. I contrasti sono davvero notevoli. Tutto quello che nel nostro Crocifisso parla di sofferenza e di morte - il volto reclinato, la corona di spine, le braccia cui il corpo è letteralmente appeso, il misero panno attorno ai fianchi, i colori cupi - viene trasformato in quello di San Damiano in segno di vita e gloria.

Le braccia sono distese ad accogliere tutti in un abbraccio forte, ma non si stringono a trattenerci contro la nostra volontà. Il volto emana pace e serenità, appena velate dal dolore, gli occhi sono aperti e guardano davanti a sé. Lo sguardo, leggermente strabico, sembra avere un occhio rivolto all’uomo e uno rivolto a Dio. Il panno attorno ai fianchi è ricamato, a ricordare la veste che i sacerdoti indossavano per i sacrifici. La corona di spine è sostituita da una aureola gloriosa e il colore nero della morte è sovrastato dal rosso (amore e passione) e dall’oro (luce e gloria). Sul legno della Croce sono poi stati dipinti angeli, simboli e personaggi che hanno avuto un ruolo nella Passione. In alto, sopra il capo, in un medaglione, è raffigurata la scena dell’Ascensione, Gesù risorto che entra nella gloria del Padre, che è il naturale compimento della sua Passione e Morte. Più sopra ancora, all’estremità della Croce, compare la mano di Dio Padre benedicente. Curioso è quel piccolo gallo che compare vicino alla gamba sinistra di Gesù, dipinto con il becco aperto nell’atto di cantare. Così come nella realtà il gallo, con il suo canto, annuncia il sorgere di un nuovo giorno, così qui il gallo simboleggia l’annuncio della Resurrezione: Gesù è il “sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,78).


Marinella Giannetti


Preghiera davanti al Crocifisso

Altissimo, glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio.
E dammi fede dritta
speranza certa
e carità perfetta,
senno e conoscenza, o Signore,
affinché io faccia il tuo santo
e verace comandamento.


La Bellezza del Battesimo

Riscoperta di una madrina al Battesimo del figlioccio,
per il quale prega così

Lorenzo, ti guardo e mi dico con stupore “quanto è grande l’amore del Signore!”. Ti guardo ancora e ho la certezza che Dio esiste perché tanta dolcezza non può che nascere da Dio.

Dovrei essere un esempio per te invece torno a guardarti e il cuore mi si riempie di gioia perché capisco che tu sei un esempio per me: tu Lorenzo sei il segno concreto che la vita è un dono meraviglioso e noi tutti non dobbiamo far altro che accoglierlo con gioia, disponibilità ed estrema gratitudine.

Ti guardo Lorenzo e capisco con certezza che se tu esisti è perché Dio ti ha amato e desiderato prima ancora di far nascere questo desiderio nel cuore della tua mamma e del tuo papà.

Signore, ti sei servito dell’amore di Marco e Silvia per donare a loro e a tutti noi la gioia di una vita nuova, la gioia di Lorenzo. Tutto ciò ha semplicemente del miracoloso. E di fronte a questo miracolo non possiamo solo dire con tutto il cuore: “Signore, Grazie”.





Scuola, luogo d'accoglienza

Sebastian (il nome è di fantasia) ha otto anni e da più di dodici mesi vive tra noi come immigrato illegale. È giunto dalla Romania per vie misteriose con la mamma e due fratelli più piccoli - il padre da tempo li ha abbandonati - approdando al Lorenteggio dove ha vissuto d’espedienti, bivaccando nelle aree dimesse ai bordi della massicciata ferroviaria. Ben presto si è reso conto che i miraggi e le illusioni, che lo avevano accompagnato nel viaggio della speranza, si erano dissolti a contatto con la cruda concretezza della civiltà del benessere, lasciandolo nello sconforto e nell’abbattimento.

Poi l’incontro con alcuni volontari della nostra Parrocchia, che ha dato una svolta alla sua vita. Lo convincono a frequentare la scuola dove troverà non solo, con il servizio della refezione, una risposta alle basilari necessità alimentari, ma anche il calore della compagnia di tanti coetanei, molti con problemi simili ai suoi, com’è ormai situazione frequente nelle nostre scuole così come in tante altre, in particolare quelle di periferia. Ma soprattutto si accorge che la scuola è un’occasione per integrarsi nel Paese che lo ha accolto. Grazie all’impegno degli insegnanti, che con la loro professionalità e passione sopperiscono a carenze di un organico ben diverso da quello che la realtà invece richiederebbe, comincia ad apprendere l’italiano, a capire il perché di un certo modo di vivere. Si confronta con abitudini e tradizioni tanto diverse dalle sue attraverso le amicizie nate tra i banchi e, alla fine dell’anno scolastico, si sente un poco cittadino milanese. Trasmette questo suo nuovo modo di essere al resto della famiglia: la madre riesce a trovare un lavoro domestico (in nero, ma sempre lavoro è), i fratelli presto lo seguiranno sui banchi di scuola.

Unico neo: Sebastian per lo Stato non esiste perché, quale irregolare presente in Italia, la scuola non può rilasciargli l’attestato di studio che, al di la dell’apprendimento raggiunto, ha valore legale.

In questi giorni i mezzi di comunicazione ci informano, con dovizia di particolari, tutto quello che di negativo succede nella scuola. Noi, in contro tendenza, vogliamo rappresentare l’aspetto positivo, che è largamente prevalente, descrivendo una bella esperienza, magari rara ma positiva, nel mare di problemi che l’arrivo di tanta gente sta creando.

L’azione formatrice ha maggiore probabilità di successo se esercitata nell’età evolutiva, nell’adolescenza, quando i modi comportamentali possono ancora essere plasmati e la scuola, dopo la famiglia, è l’ambito educativo dove maggiormente si formano le coscienze dei giovani.

Cerchiamo allora di valorizzare a fondo l’opportunità che lo strumento scolastico ci mette a disposizione, per l’integrazione degli stranieri. E magari per affrontare la problematica delle devianze giovanili in genere ma, come si suole dire, questa è un’altra storia.

Gianni Ragazzi
gianni.ragazzi@iol.it





Carissimi amici,
il tempo quaresimale, è tempo forte di preghiera e di carità. Anche il gruppo Ex Oratoriani partecipa alla Quaresima di Fraternità proposta dalla Parrocchia: è una occasione per sentirci comunità e stare vicini al Signore offrendo le nostre gioie, i nostri sacrifici, le nostre preghiere per aiutare i seminaristi africani orientati al Sacerdozio nella famiglia del Murialdo.

Anche questo è un modo di vivere la Pasqua del Cristo morto e risorto, che ci chiama alla conversione del cuore. Abbiamo ricevuto una lettera di ringraziamento da don Mario Parati per l’offerta di 1.500 euro che abbiamo mandato per la costruzione di un pozzo a Bula, sempre in memoria di Luciana e Mariella Dal Ben. Anche don Pierangelo da Bissau ci ha scritto e ci ha mandato alcune foto dei bambini da noi beneficiati.

Ringraziamo ancora tutti gli amici che con le loro offerte hanno permesso questi gesti di solidarietà.

“Signore, amico di tutti, fa’ che sappiamo coltivare tra noi una amicizia grande, forte, buona; fa’ che sappiamo aiutarci e sostenerci anche nei momenti difficili e che la nostra amicizia specchio della tua, manifesti la bellezza del Tuo Amore”.

A voi tutti e alle vostre famiglie un forte abbraccio e auguri di una buona Santa Pasqua.


N.B. è in programma una gita per il 9 giugno 2007, nel prossimo numero vi daremo notizie più dettagliate.

Francesca Montanari



Gli amici della filo-sophia

Baruch Spinoza (1632-1677) è un esempio di questi “atei virtuosi” di cui dicevo la volta scorsa. Egli era di famiglia ebraica, ma venne in contatto sia con ambienti cristiani, sia miscredenti. Insofferente all’ortodossia ebraica, venne bandito dalla comunità con l’accusa di eresia; un’accusa di ateismo lo aspettava, al termine della sua vita, da parte della comunità cristiana.

Rileggendo brani tratti dal suo Trattato teologico-politico, vi ho ritrovato alcune corrispondenze col pensiero odierno, con temi di cui dibattiamo quotidianamente e spero che quanto dirò qui di seguito possa interessare anche voi.
Innanzitutto la tesi, sostenuta da Spinoza, che in uno stato non tirannico ognuno sia libero di esprimere il proprio pensiero, oltre che pensare liberamente, poiché l’autorità politica non deve entrare nell’ambito della coscienza del singolo individuo. Tuttavia, e qui la questione si fa più complessa, affinché sia garantita la salvaguardia della libertà di coscienza, lo stato, dice il filosofo, deve essere laico. Laico perché Spinoza sosteneva che la fede non abbia un valore per sé, ma l’abbia solo in rapporto all’obbedienza; servirebbe infatti a quelle persone che non riescono, con la sola ragione, a giungere alla conoscenza della virtù. “La fede non esige dogmi di verità, quanto dogmi di pietà, cioè tali che muovano l’animo all’obbedienza”, scrive l’autore e continua sostenendo che l’unico e riassuntivo dogma di fede sia il seguente: “esiste un Ente supremo, che ama la giustizia e la carità e al quale tutti, per essere salvi, devono obbedire e che tutti devono adorare con il culto della giustizia e della carità verso il prossimo”.
[Dove sono, mi chiedo, l’amore verso Dio e il perdono di Dio?].

La mente dell’uomo, ci dice Spinoza, ha un potere che varia da persona a persona e, al di sopra di tutte le sue facoltà, vi è la ragione, che è la conoscenza filosofica delle leggi della natura e della loro necessità. Le passioni rendono l’uomo schiavo, la ragione lo rende libero, non di scegliere, poiché la volontà non è libera o assoluta, ma si adegua a ciò che la ragione riconosce come bene o come virtù.
E cos’è la virtù per Spinoza? E’ l’utile. L’utile per il singolo e l’utile per la comunità. Lo stato può punire solo perché vi è questo principio dell’utilità comune e le punizioni non sono retribuzioni rispetto al male fatto, ma solo difesa della società. Spinoza arriverà a dire che la condanna di un uomo non è diversa dalla soppressione di un animale rabbioso. Le pene o i premi “immaginati” dalla religione, portano, secondo il filosofo, ad una concezione errata di Dio, quale legislatore alla stregua di ogni sovrano umano; concezione che sottintende il pensiero che l’uomo sia responsabile del suo operato quando, invece, tutto avviene per necessità. L’esito è quindi quello di una morale autonoma dalla religione, ove si assiste anche alla sospensione del giudizio sulla responsabilità morale di ciascuno.
Di responsabilità, infatti, a parer mio, si può parlare solo quando si riconosce la virtù come ricerca del bene e la santità come appello che Dio rivolge all’uomo. E glielo rivolge non per ottenere l’obbedienza che si richiede ad un animale domestico, ma per essere amato dai suoi figli e affinché essi si amino. Quando allora ci sentiamo responsabili per qualcuno? Quando desideriamo prenderci cura di lui non perché ci venga imposto ma perché gli vogliamo bene.

Valentina Caleca




Fotografie


Un bel pomeriggio in oratorio:
il Gruppo Scout anima i giochi dei bambini della Ludoteca





22 marzo ‘07
Dalla Creta al Murialdo la Via Crucis cittadina con il
Cardinale Dionigi Tettamanzi






Dipinto presso la scuola materna di Fiorine -
Clusone (BG)