camminare insieme Febbraio 2008   


DIO E' VICINO A CHI HA IL CUORE FERITO (Sal 34, 19)

Stiamo per accogliere nel nostro Decanato del Giambellino il Padre Vescovo Dionigi Tettamanzi. Lo accoglieremo con grande affetto e tanta gioia. Sarà un momento di grazia per il decanato, perchè siamo sollecitati a vivere una forte esperienza di Chiesa. Sarà occasione per far crescere la comunione ecclesiale tra le diverse comunità parrocchiali e le diverse forme di ministerialità.

Diremo grazie al nostro Arcivescovo per il dono della sua bella lettera di questi giorni, dal titolo: “Dio è vicino a chi ha il cuore ferito”, che ha indirizzato "agli sposi in situazione di separazione, di divorzio e nuova unione".
Abbiamo colto in questa lettera il tono e il volto nuovo di Chiesa. Niente pregiudizi duri a morire: "i divorziati sono come scomunicati". Una Chiesa che evita invece ogni giudizio o condanna davanti a quel "passo sofferto" che è il "fallimento di un progetto" nuziale.

L'Arcivescovo dimostra di sapere che puntare il dito significa soltanto aggiungere sofferenza a sofferenza. Lascia intuire una frequentazione delle case, delle nostre case, abitate da "giorni di fatica a vivere insieme, nervosismi, impazienze e sofferenza, sfiducia reciproca, a volte mancanza di trasparenza, senso di tradimento, delusione per una persona che si è rivelata diversa da come la si era conosciuta all'inizio". È una Chiesa che parla attraverso la voce del pastore della Diocesi Ambrosiana, che conosce la debolezza del cuore umano e la complessità di certe situazioni. Una Chiesa che, senza avallare scelte affrettate, arriva a dire in certi casi non solo sia lecito, ma addirittura inevitabile prendere la decisione di una separazione: per difendere la dignità delle persone, evitare traumi profondi, custodire la grandezza del matrimonio, che non può trasformarsi in un'insostenibile trafila di reciproche asprezze".

Questa Chiesa richiama chi ha dissipato "il tesoro del proprio matrimonio" alla responsabilità dei figli. Sui bambini cadono le scelte degli adulti, per cui è rivolto a questi ultimi il monito a "non rendere la vita dei loro figli più difficile, privandoli della presenza e della stima dell'altro genitore". I figli usati come regolamento dei conti sono il dramma nel dramma sul quale si scaricano ripicche, gelosie e rancori.

Ancora. Nella lettera parla una Chiesa che sa dire grazie all'eroismo di tante mamme e di tanti papà ai quali la sofferenza della separazione non ha tolto la forza di spendersi "con amore, saggezza, premura e dedizione" per la crescita e l'educazione dei loro bambini.

È una Chiesa che si fa carico di accoglienza e dell'accompagnamento di chi "ha il cuore ferito".
Infine è anche una Chiesa esigente. Infatti, mentre ricorda che anche i divorziati risposati non sono esclusi da una vita di fede e di carità, chiede loro "una presenza attiva e una disponibilità a servire quanti hanno bisogno del loro aiuto".

Quelle del Cardinale sono pagine che esprimono la volontà di dialogo. Come tali domandano un seguito. Grazie padre Dionigi. Ti aspettiamo a braccia aperte.

Don Guglielmo Cestonaro - Parroco
gcestonaro@murialdo.org






9 al 16 agosto 2008 - Esercizi Spirituali

Esercizi Spirituali
All’Eremo di Montecastello
(Tignale sul Garda)
dal 9 al 16 agosto 2008
Lectio Divina con la
Seconda Lettera ai Corinzi
per giovani e adulti.

Prenotarsi entro la fine di aprile da don Alberto o in ufficio parrocchiale versando euro 30,00.




La Gioia di Dare



Ad oggi abbiamo venduto 302 copie del libro sulla vita di don Paolo Novero e c’è ancora qualche copia a disposizione. Con il ricavato della vendita abbiamo coperto le spese editoriali e, grazie alla generosità di tanti, sono avanzate 1.750 euro che abbiamo inviato, tramite don Mariolino Parati, ai bambini bisognosi delle opere Giuseppine di Bula e Bissau.

Grazie alla generosità dell’autrice Maria Flora Mangano che ha rinunciato ai diritti d’autore, alla Congregazione e ai parenti per il sostegno, agli amici di don Paolo che hanno collaborato alla realizzazione del libro, organizzato la presentazione e la vendita, ai parrocchiani che lo hanno comprato.

Tutto questo ha reso possibile questo bel gesto di fratellanza con il popolo della Guinea Bissau in memoria di don Paolo. Il 3 gennaio terzo anniversario della morte di don Paolo lo abbiamo ricordato alla Messa delle ore 18. Il suo ricordo è sempre punto di riferimento per tanti.

Concetta Ruta




11 febbraio:

Giornata Mondiale del Malato


“Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi consolerò, dice il Signore”
Mt 11,28

Alla Santa Messa delle ore 18 ricordiamo tutti gli malati, in particolare quelli del nostro quartiere.
Sono particolarmente invitati gli Anziani e gli Ammalati che hanno la possibilità e i loro familiari, i Ministri della Comunione e il gruppo Amici dei Malati.



Appuntamento con il

Riflessioni su “Laicato e Laicato Murialdino”

Il Direttivo del CPP e alcuni rappresentanti delle commissioni hanno partecipato all’incontro con Padre Tullio Locatelli che ha trattato il tema: “Laicato e Laicato Murialdino”.

Indicando a tutti noi di riconoscerci innanzitutto come Chiesa, il Concilio Vaticano II ha evidenziato che la pari dignità di tutti i credenti in Cristo Gesù proviene dal battesimo che caratterizza la nostra identità cristiana che ci spinge alla missione. Il battesimo ci fa membri della Chiesa, del popolo di Dio, figli di Dio, con la propria specifica vocazione, ognuna con la sua dignità. In questo contesto, ciò che è comune non appiattisce e ciò che differenzia attrae a ciò che è comune, creando così una circolarità.

Ciò che lo Spirito Santo ha espresso tramite la fondazione della Congregazione Giuseppina è un cammino ecclesiale, dove lo stesso stato di vita - vocazione religiosa, sacerdotale, vita di cristiano battezzato - è “carisma” e dono alla Chiesa nei diversi stati di vita e così come la famiglia naturale, fondata sulla diversità, ha bisogno dell’elemento comune, allo stesso modo ne ha bisogno la Famiglia del Murialdo. Per questo è necessario:

  1. Non tenere gelosamente per sé il carisma che è ricevuto per gli altri; da qui la necessità di una formazione condivisa per i religiosi e i laici: deve esistere uno scambio.
  2. missio e la visio, cioè un modo di vedere e un modo di operare, sono componenti spirituali e operative del carisma.

Attuazione. Il laicato Murialdino oggi si attua nella scuola e nella professione, nella vita delle nostre comunità parrocchiali come nelle missioni, e in tante altre realtà, sempre in collaborazione con i religiosi e i laici.

In pratica. Tanti fedeli arrivano “naturalmente” a vivere la murialdinità. Altri, come sbocco di un cammino, desiderano condividere la responsabilità (corresponsabilità) nell’opera di cui si condivide il carisma.

Giuseppe Giandomenico
ggiando@libero.it





Ho posto il mio Spirito su di Lui

(Is 42,1-9)

 



Isaia - Capitolo 42

Primo canto del servo del Signore

[1] Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio.
Ho posto il mio spirito su di lui;
egli porterà il diritto alle nazioni.
[2]Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
[3]non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta.
Proclamerà il diritto con fermezza;
[4]non verrà meno e non si abbatterà,
finché non avrà stabilito il diritto sulla terra;
e per la sua dottrina saranno in attesa le isole.
[5]Così dice il Signore Dio
che crea i cieli e li dispiega,
distende la terra con ciò che vi nasce,
dà il respiro alla gente che la abita
e l'alito a quanti camminano su di essa:
[6]«Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia
e ti ho preso per mano;
ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo
e luce delle nazioni,
[7]perché tu apra gli occhi ai ciechi
e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.
[8]Io sono il Signore: questo è il mio nome;
non cederò la mia gloria ad altri,
né il mio onore agli idoli.
[9]I primi fatti, ecco, sono avvenuti
e i nuovi io preannunzio;
prima che spuntino,
ve li faccio sentire».




Con i capitoli che vanno dal 40 al 55 si apre il libro del secondo Isaia e in esso sono inseriti i cosiddetti canti del Servo che aprono uno spiraglio diretto sulla figura del Cristo.

Il periodo storico di questi scritti è quello dell’Esilio. In questa situazione il popolo matura il desiderio di un ritorno di un regno forte che possa portare una liberazione. Tale liberazione, però, non avverrà per mano di un re d’Israele, bensì per mano di un re pagano: Ciro. Il popolo sente quindi questo intervento come un fatto ordinario, non guidato dalla mano di Dio. I canti del Servo si inseriscono proprio in questo contesto per affermare che il Signore è il padrone della storia e attraverso il servo si compirà il suo disegno.

Il primo dei quattro canti del Servo è al capitolo 42 in cui viene presentata questa figura ed il suo compito. Il Servo è un eletto che Dio stesso sceglie, come colui sul quale risiede lo Spirito di Dio.
Ritroviamo in questo annuncio gli stessi termini usati per la chiamata dei grandi di Israele come Mosè, Davide o i profeti, persone speciali, totalmente fedeli a Dio e che operano affinché i suoi progetti si realizzino. Il Servo avrà il dono dello Spirito per portare a compimento una missione: proclamare il diritto.

Con questo termine, che viene usato quando c’è una contesa giudiziaria tra Javhè e i popoli, si intende ribadire che solo Javhè è Dio e nessun può esserlo al suo posto; solamente accettando tale sentenza l’uomo può essere sé stesso.

Questo diritto non è un codice ma l’espressione dell’amore di Dio che vuole che l’uomo abbia tutta la dignità che gli compete; vuole donare all’uomo ciò che spesso la giustizia umana non riesce a stabilire. Isaia ci presenta il Servo attraverso ciò che non è, quasi a metterlo in contrapposizione con il re potente atteso dal popolo d’Israele.

Non griderà come i potenti della terra, ma agirà con delicatezza e umanità senza accrescere le rotture del male del mondo. La canna spezzata e lo stoppino dalla fiamma smorta non verranno schiacciati, così da accrescere il male che già esiste. Il servo non tornerà indietro, la sua azione sarà proiettata verso il futuro e il suo compito sarà portato a termine con zelo. L’azione del Servo sarà efficace.

Ma allora chi è il Servo? Ce lo rivela Matteo nel suo Vangelo quando, durante il Battesimo, a Gesù sono riferiti questi versetti del libro di Isaia. Gesù è il Servo. Come Jahvè si compiace del Servo così il Padre si compiace del Figlio; come Jahvè dona il suo Spirito al Servo perché compia la sua missione, così il Padre dona a Gesù lo Spirito perché compia la sua missione.

Gesù, come il Servo, si comporta con fermezza e fedeltà fino alla fine: ”Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà.”

Gabriella Francescutti




    

2 marzo 2008 INCONTRIAMO IL NOSTRO ARCIVESCOVO

Stiamo avviandoci a grandi passi verso la Pasqua di Resurrezione, che quest'anno é particolarmente “bassa” (23 marzo), ed ecco che nel pieno del cammino Quaresimale (domenica 2 marzo, IV di quaresima, nel pomeriggio presso la parrocchia di San Benedetto) viene a noi, in visita Pastorale Decanale il nostro Cardinale Arcivescovo, Dionigi Tettamanzi, l'erede della Cattedra di Sant'Ambrogio, il rappresentante della Chiesa nel nostro territorio.

Gesù fra noi.

E' una grande occasione che ci viene data. Sta a noi non sprecarla, come purtroppo tante volte capita di fare con i doni che ci vengono offerti.
Ma chi o cosa è il Vescovo e perché viene in visita Pastorale nel nostro Decanato?

Il Vescovo é il successore degli Apostoli, colui al quale è affidata la cura di una Chiesa particolare. Avete presente quando nelle letture domenicali si parla della “Chiesa di Gerusalemme”. O quando San Paolo scrive una lettera “agli Efesini” o “ai Romani”? Ebbene San Paolo sta scrivendo alla Chiesa di Efeso o alla Chiesa di Roma, non a tutti i cittadini di Efeso o di Roma. E questa Chiesa locale, che oggi si chiama Diocesi, aveva un capo spirituale a cui fare riferimento, per le esigenze sia spirituali che materiali, scelto dagli Apostoli per le sue caratteristiche di fedeltà al messaggio evangelico e di capacità di coordinare l'attività della comunità cristiana. Nel corso dei secoli le vicende della Chiesa Cattolica si sono intrecciate con quelle della Società civile e nel vortice di Imperatori, Papi, Re, Dittatori e Presidenti che si sono succeduti alla guida degli Stati e delle Nazioni, si sono inserite le vicende di Vescovi Guerrieri, Vescovi Riformatori, Vescovi che hanno benedetto il potere temporale e Vescovi che si sono opposti al potere temporale, Vescovi che sono morti nel loro letto e Vescovi che hanno testimoniato con il sangue la loro fedeltà a Cristo e al popolo di Dio loro affidato.

Insomma i Vescovi sono in tutto e per tutto uomini, ciò che li rende diversi è la loro vocazione.
Il loro compito è quello di “guidare” la Chiesa locale nel cammino verso il Regno di Dio, nell'attesa della Resurrezione.
E se nel compiere questo loro compito le circostanze della Storia chiedono loro di essere Guerrieri, saranno Guerrieri, se Riformatori, Riformatori saranno, e così via.
Ma sempre saranno Pastori, cioè Padri.
Sempre saranno Profeti, cioè Annunciatori della Parola di Dio, della Buona Novella.
Sempre saranno Ministri, cioè Servitori, dispensando i Sacramenti e dando ad altri uomini (sacerdoti o Vescovi) il potere di farlo in loro vece.

Il Nostro Vescovo viene in visita Pastorale nel nostro Decanato, come farà con tutti i Decanati della Diocesi Ambrosiana nell'arco di tre anni, per poter conoscere di persona il popolo di Dio che gli è stato affidato, ascoltando dalla viva voce delle persone quali sono i problemi delle singole realtà locali.
Ma, al tempo stesso, viene per rendere testimonianza della presenza di Dio Padre Figlio e Spirito in mezzo a noi. Perché non ci troviamo più ad essere “come pecore smarrite senza Pastore”.

Non lasciamo che la Buona Notizia cada nell'indifferenza, andiamo ad incontrare il nostro Vescovo alla parrocchia di San Benedetto - che molti conoscono come “Don Orione” - nel pomeriggio di domenica 2 marzo, come le folle del Suo Tempo andavano ad ascoltare Gesù che parlava da un'altura, da una barca o nel Tempio di Gerusalemme.

Per il Consiglio Pastorale Parrocchiale,

Luca Confalonieri e
Annamaria Cereda


L'OPINIONE - IL PAPA E LA SAPIENZA

“Famiglia umana, Comunità di Pace”

È possibile leggere nel sito della Parrocchia, www.murialdomilano.it, a firma “alcuni parrocchiani del Murialdo”: “Sapienza, un’altra vergogna per l’Italia”…. “Esprimiamo la nostra vicinanza spirituale al Sommo Pontefice e preghiamo per chi ha dimostrato in questi giorni un immenso e devastante deserto spirituale, morale e intellettuale”.

Poi, alcune brevi considerazioni sui fatti di Roma, quelli ormai arcinoti ma che non fa male ricordare.

In occasione del 705° anniversario di fondazione dell’università di Roma, la Sapienza appunto, il rettore Renato Guarini e gli organismi dell’ateneo avevano invitato Papa Benedetto XVI a tenere una lezione. Ecco allora che uno sparuto gruppo di docenti e di studenti, erettisi a censori, aveva rivolto un appello al Rettore, accompagnandolo da colorite manifestazioni, affinché ritirasse l’invito in nome della laicità dell’università e contro l’ipotesi di una lectio magistralis, ritenuta inopportuna.

Per non alimentare un clima d’odio e temendo che fuori dall’aula – nella quale il Governo, bontà sua, aveva garantito l’ordine – potessero avvenire disordini, il Vaticano con un gesto di responsabilità si è visto costretto ad annullare l’incontro.

“Nunzio vobis gaudium magnum: NON habemus Papam”, titolava con l’orgoglio degno di ben altre cause uno striscione, parafrasando in modo irriverente l’annuncio solenne dell’elezione dei nuovi Pontefici.

Questi i fatti e verso questo schifo spetta a noi laici assumere quelle difese che, per stile e opportunità, altri non possono svolgere.

Non è il caso di entrare nel merito di quello che è stato lo spunto, la scusa, dalla quale la polemica ha preso le mosse, e cioè una citazione del filosofo Paul Karl Feyerabend, ripresa dall’allora cardinale Ratzinger.

Quale che potesse essere l’interpretazione di quel vecchio intervento, rimane la vergogna mondiale cui noi italiani siamo stati sottoposti. È stato negato a un pontefice il diritto alla parola; non a uno qualunque, ma a un teologo e intellettuale finissimo, rappresentante di Cristo sulla Terra, punto di riferimento di tanti uomini di scienza, oltre che massima guida spirituale per un miliardo e duecento milioni di cattolici.

Così nell’università che dovrebbe essere non soltanto un luogo dove si studia ma anche luogo di confronto d’idee, una minoranza ha prevaricato la volontà degli altri, con un oltraggio alla libertà di parola che nega ogni spazio al dialogo e al confronto.

I Papi hanno potuto parlare dappertutto, da Cuba al Nicaragua, sino all’islamica Turchia. Tranne che a Roma.

Alla faccia di chi sostiene che vi sia un’egemonia clericale sulla nostra vita civile.

In Italia è proibito urtare un’ipotetica suscettibilità delle altre religioni, ma è più che lecito offendere la chiesa cattolica, secondo un laicismo ormai più anticristiano che anticlericale, risultato d’una strisciante azione che da tempo mira all’erosione dei valori del cattolicesimo.

Il “rogo laico” di una minoranza ha creato un clima di censura verso chi è portatore della voce dei più deboli, degli ultimi, di chi altra forza non ha se non quella del suo pensiero.

Viene allora alla mente quell’episodio che vide coinvolto il principale artefice della Cortina di Ferro, Josif Stalin. A chi gli faceva presente le possibili reazioni del Papa ad una determinata situazione, rispose cinicamente sprezzante: “Il Papa? Ma quante divisioni corazzate ha il Papa?”.

Abbiamo visto, com’è andata a finire.

Gianni Ragazzi
gianni.ragazzi@iol.it



I L    P R E S E P I O


Ricordo di un evento che ha cambiato la storia

Domenica tornando a casa dopo la Santa Messa e la premiazione dei Presepi, pensavo a quanto sia importante per i bambini - e non solo - ricordare la nascita di Gesù attraverso il Presepio, ma soprattutto se siano in grado di capire il vero significato di questa grande festa.

La rivelazione cristiana non ha profeti: è una persona. Un Dio che si fatto uomo per salvarci, infatti il nome Gesù, significa "Dio salvatore". E' un figlio capitato a un pover’uomo e a una ragazzina di provincia, venuto al mondo nel puzzo di letame di una stalla.

Chi, vedendo quel bambino, poteva immaginare che attraverso di lui si sarebbe realizzata la profezia di Isaia? Infatti, nel profeta leggiamo: "Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori... è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti".

Il Natale.
La festa più bella diventata odiosa. Scervellarsi per scegliere i regali, pigiarsi con la gente nei negozi, spendere soldi. Riempirsi la casa e riempire l’altrui di cose inutili. Il Presepe ci riporta alla realtà, al vero significato di questo giorno. Se non ci fosse il Presepe avremmo celebrato questa festa più per i regali che per ricordare quel grande Evento.

Ecco che un santo uomo, San Francesco, volle rivivere quel Fatto unico nella storia, l’incarnazione di Dio, essere come trasportato sul luogo e nel momento in cui quel Fatto accadde. Come a dire, che è la forza stessa di quel Fatto che trapassa i secoli e colpisce anche l’uomo di oggi.

“Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello”.
Queste sono le parole che San Francesco rivolse a un uomo di Greccio chiamato Giovanni, due settimane prima del Santo Natale 1223, parole che spiegano l’origine del Presepio. La tradizione oggi così comune nei Paesi cattolici risale infatti all’intuizione di San Francesco e a quel suo primo Presepio nel 1223. La coscienza di San Francesco era al proposito così chiara che nella circostanza avvenne anche un miracolo, come racconta San Bonaventura nella sua Legenda Major: “..indi predicò sulla nascita del Re povero e, mentre il santo uomo teneva la sua orazione, un cavaliere scorse il [vero] Gesù bambino in luogo di quello che il santo aveva portato». Non ricorda forse il “miracolo” che avviene ogni giorno con la celebrazione dell’Eucaristia?

Giuseppe Canestraci



Quaresima di Fraternità 2008

“Il Vangelo per amico”

Dona la Parola di Dio ad un fratello d’Africa

La raccolta dell’equivalente in denaro delle rinunce che ciascuno di noi fa durante i 40 giorni di Quaresima, serviranno ai 4.500 giovani della parrocchia San Antonio a Bandim in Guinea Bissau, che si stanno preparando, come catecumeni, a ricevere il Battesimo, la Prima Comunione e la Cresima.

Per loro verranno acquistati Vangeli scritti nella lingua locale, il criolo, al costo di 2 euro ciascuno.

Come sempre è possibile raccogliere le offerte nelle cassettine, distribuite al catechismo o sul tavolo della buona stampa, da riportare in chiesa il 16 marzo 2008, domenica delle Palme.

Chi vuole può anche portare di volta in volta in chiesa la propria offerta da mettere nella cassetta all’ingresso e aggiungere un adesivo per ogni Vangelo acquistato (quindi ogni 2 euro) sul tabellone preparato per aiutarci a capire a che punto è la nostra raccolta.

È bello unire il cammino di catechesi dei nostri ragazzi che si preparano ai Sacramenti a quello della Chiesa Africana che don Giovanni Martelli, don Antonio Testa, don Renzo Vanini, fratel Beppe Negro, don Gino Rossi, don Gabriele Prandi, don Pierangelo Valerio e tanti altri giuseppini hanno fatto nascere e che don Mariolino Parati, come Superiore in Africa, sta aiutando a crescere.

A cura del Gruppo Missionario



Della Comunità Giovanile del Murialdo



Art. l - La Comunità giovanile del Murialdo testimonia la vicinanza di Dio all'uomo, prega, difende il giusto, ascolta la Parola di Dio ed è aperta al dialogo con tutti gli uomini per risolvere il paradosso dei diritti umani aumentando e rafforzando i doveri del credere.

Art. II - La Comunità Giovanile del Murialdo è fondata sugli individui; i quali provengono da esperienze diverse, ma condividono gli stessi ideali e, rispettandosi reciprocamente, camminano insieme verso la stessa meta.

Art. III - La comunità Giovanile del Murialdo è una forza compatta che difende l'amicizia, l'unione, il rispetto, la lealtà, la solidarietà, la semplicità, la giustizia, la verità, l'umiltà, la carità e la libertà.

Relazioni nella Comunità

Art. IV - La Comunità Giovanile del Murialdo rispetta Dio attraverso l'amore per il prossimo, partendo dal rispetto per noi stessi.

Art. V - La Comunità Giovanile del Murialdo al suo interno tenta di evitare le divisioni attraverso la condivisione di beni materiali e qualità personali, e attraverso il confronto nel dialogo e nel fare attività insieme.

Art. VI - La Comunità Giovanile del Murialdo si impegna a vivere la correzione fraterna: ossia la critica verso comportamenti ritenuti sbagliati, fatta con rispetto reciproco tra i membri della comunità stessa e con lo scopo di rendere il gruppo armonioso aiutandolo a raggiungere il proprio comune obiettivo.

Art. VI - comma A: La correzione fraterna deve essere un momento di riflessione e di crescita sia per chi muove la critica, sia per chi la riceve, fondandosi sull'amore e la fiducia vicendevole che lega gli appartenenti alla comunità.

Art. VI - comma B: La correzione fraterna richiede:

* relazioni profonde e significative; anche se alcune volte la "critica" fatta da chi non ci conosce può fare più effetto.

* meditazione; attenzione a non concentrarsi troppo sulle ''modalità” con cui viene mossa la critica rischiando di perdere la preziosità del suo contenuto per il nostro bene;

* delicatezza e tatto, ma anche incisività e fermezza;

* Sincerità, fiducia e coerenza;

* dì credere che l'altro ce la possa fare;

* di  contestualizzare la critica per tenere conto dell'altro come persona;

* capacità di ascolto.

Art. VI - comma C: La correzione fraterna viene concretizzata nella comunità:

* prendendosi l'impegno di insegnare ai "nuovi della comunità" a vivere;              

* la correzione fraterna come un dono e non come un peso.

* creando momenti definiti per fare esercizio reciproco di critica (ad esempio a coppie);

* creando più momenti e situazioni che ci aiutino ad entrare maggiormente in relazione tra di noi.

Impegni personali

Art. VII - I membri della Comunità Giovanile del Murialdo la riconoscono come loro necessità, perché la comunità li sostiene, perché la comunità colma le nostre lacune, perché la comunità consolida e fa maturare la loro fede.

Art, VIII - I membri della Comunità giovanile del Murialdo condividono loro stessi all'interno della comunità, continuano a mettersi in discussione, hanno l’umiltà di mettersi da parte, non per rimanere indietro ma per arrivare tutti insieme ad un solo scopo.

Art. IX - l membri della Comunità giovanile del Murialdo scelgono la comunità come opzione fondamentale della loro vita sentendosi fratelli nella fede perché Dio si manifesta in loro, stando sempre in cammino e in ricerca, vivendo la quotidianità con coerenza, ascoltando i fratelli e facendosi carico in particolar modo di quelli più deboli.

Forno di Coazze,

30 dicembre 2007

 

 

 


S e g n i   d i   S p e r a n z a

Un mesetto prima di sposarsi Elena e Claudio hanno dato agli amici l’invito alle nozze insieme ad una lettera, nella quale invitavano a far loro un regalo un po’ speciale: un versamento a favore delle missioni Giuseppine della Guinea Bissau. Questo era possibile tramite il sito internet che avevano aperto appositamente dove c’erano tutte le informazioni.
A distanza di qualche mese abbiamo saputo che la loro iniziativa ha fruttato 10.000 euro già arrivate in Guinea Bissau.

Non me ne vogliono Elena e Claudio se scrivo del loro gesto… ma questo è un segno di speranza che può portare altri frutti e fare del bene a chi lo legge.

Elena e Claudio sono cresciuti nella nostra Parrocchia, fanno parte del Gruppo Missionario e sono educatori nel nostro Oratorio. Hanno fatto diverse esperienze di missione: più volte in Guinea Bissau e in Albania, dove Elena, insieme ad Erica, ha svolto un anno di volontariato civile nella missione Giuseppina di Fier. Il loro gesto sicuramente è frutto anche di questo vissuto.

A nome dei bambini e delle famiglie di Bula e di Bissau ringraziamo Elena e Claudio, perché hanno voluto che il loro amore portasse aiuto là dove c’è bisogno e ringraziamo anche i loro amici e parenti che li hanno aiutati ad iniziare nella condivisione il loro cammino insieme.

Un grazie anche ad alcune coppie della parrocchia che in occasione del loro matrimonio hanno allargato la loro famiglia adottando un bambino a distanza.

Concetta Ruta
conci.ruta@tiscali.it


I  L    M  I  O    M  I  R  A  C  O  L  O. . .

Quando vedi un bambino aprire gli occhi e vedere per la prima volta la sua mamma o al contrario una mamma che osserva estasiata il proprio figlio come non aveva mai potuto fare, credi di trovarti davanti a un “miracolo”, il miracolo della vista.

Come Gesù che diede al cieco una seconda vita, così ogni giorno ho la fortuna grazie al mio lavoro e alla generosità di centinaia di migliaia di donatori italiani, di poter partecipare all’inizio di tante “seconde vite”.
Mi viene da sorridere quando leggo sui giornali o sento in tv generalizzazioni sui comportamenti e abitudini dei miei connazionali. Esistono milioni di italiani che agiscono, donano, si mettono a disposizione di chi ha più bisogno, anche dall’altra parte del mondo. Esistono persone al limite della povertà, pensionati con la pensione minima che si privano di quello che per loro è tantissimo per aiutare qualcuno che magari non conoscono neanche, dall’altra parte del globo.

Proprio ieri una signora anziana ha telefonato in ufficio chiedendomi se la mia associazione esisteva davvero, se si poteva fidare di me, di noi, di chi lavora sul campo. Non potevo che garantire attraverso la mia esperienza, attraverso quei “miracoli” che ho visto di persona e che hanno cambiato anche la mia vita.

Gli ultimi li ho vissuti in Uganda e in Tanzania.
Bambini ustionati, ciechi, cerebrolesi, con spina bifida, piedi torti e tante altre disabilità che chi non vive nella violenza e nella povertà quotidiana non può neanche immaginare. Ma sempre, sempre ho ricevuto da quei bambini un sorriso, anche quando la pelle ustionata del viso tirava troppo, quando i loro occhi non permettevano di capire come io fossi, ma le mani sul viso mi “leggevano” il cuore”. A quei bambini abbiamo portato le donazioni che molto generosamente tanti di voi hanno fatto in chiesa al funerale di mio padre a fine novembre 2007.

E’ stata con tanta serenità e gioia che ho affrontato quel viaggio e portato anche il vostro seme di speranza in un luogo dove la differenza la si può fare, eccome se la si può fare! Perché è stato proprio grazie a mio padre, Francesco, al suo incoraggiamento, al suo sostegno che ho scelto di lavorare per CBM Italia - Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo. Perché è grazie a lui, al suo aver sempre mantenuto la fiducia nel futuro, nella giustizia, nella libertà per sé e per il prossimo e per la quale aveva combattuto ed era rimasto ferito e prigioniero durante la seconda guerra mondiale, che mi sono sempre sentita capita, spronata, amata di quell’amore che ricevuto, puoi anche riuscire a donare.

Lo stesso amore che mi ha trasmesso Samuel, il bimbo della foto che vedete. Un bimbo ugandese che diventato cieco era stato abbandonato in un cassonetto dell’immondizia dalla madre. Un uccello vedendolo dall’alto l’aveva attaccato beccandogli e bucandogli il cranio, causandogli una paralisi. E’ stato curato con il “circolo virtuoso” di offerte italiane. E’ stato operato e oggi vede, parla, cammina e va in bagno da solo. Che miracoli che l’uomo può fare, a che miracoli possiamo assistere, anche dopo la morte, anche oltre noi stessi.

Giusy Laganà


Un Prete molto particolare:     ANTONIO VIVALDI      

Vivaldi nacque a Venezia il 14 marzo 1678; suo padre era violinista della cappella di San Marco e gli diede, come capitò a molti musicisti, i primi insegnamenti in campo musicale.

Il piccolo Antonio proseguì gli studi con il compositore G. Legrenzi, ma dovette sospendere molto presto le lezioni perché la famiglia aveva grosse difficoltà economiche e quindi l'unica soluzione possibile per proseguire gli studi musicali fu quella di farsi prete.
La vocazione di Antonio forse non era molto 'autentica', ma la sua arte riuscì ad innalzare il suo spirito al punto da farlo diventare una figura dominante nel panorama della musica strumentale del primo Settecento.

Si dice che Vivaldi come prete fosse proprio negato e che addirittura si fosse fatto esonerare dalla celebrazione delle Messe, poiché soffriva di una infermità bronchiale congenita, che gli avrebbe dovuto impedire una vita movimentata, stando molto attento ad affaticarsi il meno possibile.
Gli storici si dibattono ancora oggi su questa esenzione legata alla malattia e le malignità sono ancora vive; sta di fatto che Vivaldi, comunque, condusse una vita piuttosto impegnativa, sia come maestro di violino, sia come autore teatrale, ed egli viaggiò anche molto, a Mantova, a Verona, a Roma, in Boemia, a Vienna, dove morì, purtroppo, in estrema povertà nel 1741.

Poiché aveva una folta capigliatura fulva, fu per sempre conosciuto come "Prete rosso" e la cosa fa sorridere ancora oggi, soprattutto per il binomio 'religione-politica' che inevitabilmente ne deriva.

Il suo impegno lavorativo più consistente fu quello di insegnante di violino nell'Ospedale della Pietà, uno dei più rinomati Conservatori di Venezia, che era anche un ospedale e raccoglieva orfani, disadattati e disadattate, malati ed emarginati.
Le ragazze che dimostravano sensibilità e attitudine potevano studiare musica, strumentale e vocale; nei giorni festivi, le migliori eseguivano per il pubblico ciò che avevano imparato, però ad una drastica condizione: che non si facessero vedere da nessuno.
Esse, quindi, suonavano e cantavano dietro una grata per non far vedere le loro infermità e le loro malformazioni fisiche.

Succedeva, però, una cosa curiosa ma prevedibile: il pubblico, incantato dalla loro abilità, fremeva per conoscere il loro maestro e cercava di superare la grata, ma egli non si faceva mai trovare; in compenso, il pubblico rimaneva tristemente colpito dalle deformità di quelle ragazze e se ne andava via con un senso di dolore e di pietà.

Vivaldi aveva anche un complesso fisso di due cantanti: la francese Anne Giraud e sua sorella Pauline e con loro faceva delle tournées in Italia - a Roma, su invito del Papa - e all'estero, ricevuto dagli imperatori.
Un giorno egli ebbe uno spiacevole incidente diplomatico con il cardinale Ruffo di Ferrara che si era scandalizzato nel sapere che un prete, che non celebrava la messa, girasse per il mondo con due cantanti liriche, donne, e con un uomo!

Nel 1738, arrivò a Venezia un principe polacco e le allieve di Vivaldi eseguirono per lui alcuni concerti nel palazzo Foscarini sul Canal Grande: fu un successo trionfale, ma fu anche l'ultimo concerto da lui diretto: i frati domenicani avevano tramato contro Vivaldi e lo costrinsero a dimettersi da insegnante e a partire per Vienna.

Per lui fu la fine, anche perché, quando morì a Vienna, era morto da qualche giorno l'imperatore Carlo VI e nessuno pensò al funerale del povero compositore.
La composizione più famosa di Vivaldi resta sicuramente "Le quattro stagioni", che in realtà sono 4 concerti per violino solista, nei quali lo strumentista imita in modo mirabile i versi del cuculo, della tortora e del cardellino (nell'Estate), i suoni dei venti impetuosi, il battere dei denti, gli scrosci di pioggia e i venti gelidi, il correre di un pattinatore sul ghiaccio (nell'Inverno).

Molta fortuna ebbe il concerto della Primavera, del quale venne fatta persino una versione per flauto solista del filosofo-musicista J.J. Rousseau nel 1775; Franz Joseph Haydn ne fece una trilogia sinfonica e si ritrova l'ispirazione delle Stagioni di Vivaldi nella splendida Sinfonia Pastorale, la n° 6, del grande Ludwig van Beethoven.

Chiara Binaschi Ciavarella



Campo invernale giovani

Dal 27 al 30 dicembre il piccolo paese di Forno di Coazze sulle montagne torinesi, che il parroco del luogo ci ha detto avere solo 28 anime, ha visto triplicati i suoi abitanti con la presenza dei nostri gruppi di formazione cristiana delle medie e delle superiori per l'ormai tradizionale campo invernale.
Il tema di quest'anno: "la comunità".
Al termine di questi 4 giorni le riflessioni e le attività di ogni gruppo sono state raccolte nella "Magna Carta", quasi uno statuto che vuole essere punto di riferimento per ogni gruppo.




Il coro canta... e dopo arriva la befana...


Domenica 13 gennaio sono entrata in chiesa accompagnata come sempre dalla mia famiglia per la celebrazione Eucaristica delle 10. Carlotta mi saluta per raggiungere i chierichetti, io sto per andare verso il gruppo della catechesi dell'anno dei Discepoli e dico a Niccolò, di 5 anni che non vuole mai andare nello spazio bimbi perché lui si sente grande: «Vieni con me nel gruppo del catechismo?» E lui: «No, mamma, io devo andare nel mio gruppo» E io a lui: «E perché, tu hai un gruppo?». «Sì, il coretto».

Già, ho pensato, anche lui ha trovato il suo posto in questa comunità sui gradini dove si siede il coro, tra Nicoletta e Roberta, dalla quale aspetta ansioso le caramelle, Silvia dalla quale ha imparato a interpretare l'attacco del via al canto, e il suo amico Simone, complice del suo chiacchiericcio. Anche a me piacerebbe che stesse zitto, che cantasse e seguisse in silenzio come un adulto e, soprattutto, non disturbasse gli altri nella celebrazione. Poi ripenso alle parole di don Tullio «Ognuno è chiamato a trovare il proprio posto nel Presepio per dare testimonianza di Gesù» e allora mi dico che, in fondo, anche se con qualche parola o rumorino di troppo, anche lui dà a questa parrocchia la sua testimonianza di amicizia con Gesù. E mi ricordo quando sono arrivata in questa Parrocchia, cinque anni fa, e ho trovato una comunità in cammino, accogliente come la realtà del Murialdo, dove ognuno può cercare un gruppo nel quale riconoscersi. Pensa, Padre, che bella sfida sei chiamato a dirigere!

Veronica Di Lisio

 
Natale in Amazzonia

Ogni paese ha la sua cultura, una propria spiritualitá. Sono da pochi mesi in Ecuador, nella bella foresta amazzonica e ogni giorno scopro qualcosa di nuovo.

Da circa tre mesi sono parroco della parrocchia Madonna di Loreto e man mano che passa il tempo, ho visto crescere l'entusiasmo nei fedeli cristiani. Abbiamo preparato insieme la festa del Santo Natale. E ho cercato di adattarmi e capire come si vive qui.

Si comincia con la novena chiamata “Novena del Divin Niño” in quasi tutte le famiglie. Quando si avvicina il Natale ci si raggruppa tutti in una famiglia. Al centro della casa, una culla con la statua del Bambin Gesú, verso le ore 19, viene offerta a tutti una bevanda calda qualche biscotto e si comincia con canti natalizi e preghiera. Alle 21 si parte in processione con i ragazzini in "prima linea", una ragazza vestita di bianco con il velo azzurro, che è Maria, e poi Giuseppe, gli Angeli, i pastori e infine gli adulti con le candele in mano, ci si avvia verso la parrocchia cantando e pregando. Camminando per le strade si aggiungono altri fedeli. Arrivati in parrocchia si celebra la Messa animata e gioiosa e alla fine si consegna il Bambin Gesú ai responsabili di un altro quartiere, che si preparano per il giorno seguente. Molte volte durante le processioni piove, ma imperterriti si continua cantando e pregando.

La notte di Natale, alle ore 23, si parte dal piazzale della chiesa con il Bambin Gesù in braccio a Maria e Giuseppe, Angeli, pastori e un gran numero di fedeli, si passa in processione per i quartieri ove si uniscono altri gruppi, insieme si ritorna in parrocchia e si celebra la Santa Messa.

Un caro abbraccio a tutti voi accompagnato dalla preghiera.

Don Gabriele Prandi


I missionari ci scrivono...

Carissimo don Guglielmo, questa volta ti scrivo dall’India dove mi trovo da giugno dello scorso anno dopo la morte del carissimo Don Tarcisio Riondato.

Una grande perdita per noi, ma pare proprio che dal cielo ci benedica. La sua semina sta crescendo rapidamente con tante speranze. Abbiamo confratelli e seminaristi da 3 Regioni dell’India: Kerala, Tamil Nadu e Anda Pradesh. Ci prepariamo ad aprire una nuova comunità apostolica in Tamil Nadu. Ti terrò informato anche perché si possa tener vivo lo spirito nel vostro bel gruppo missionario. Che ne dici di fare una capatina in India. Non è l'Africa che tanto amate, ma anche l'India è un mondo affascinante, in cui il nostro carisma di giuseppini ha tanto spazio e futuro. Sarò in Italia con 4 Indiani ad Aprile. Ti verremo a trovare.

Don Giuseppe Cavallin

Carissimi amici, qui va tutto bene: abbiamo celebrato il Santo Natale nelle tre comunità della parrocchia San Antonio a Bandim di Bissau. Era con noi anche don Mariolino Parati.

Molto bene le feste con i bambini dei doposcuola, abbiamo avuto la gioia di avere con noi al pranzo dei poveri anche il nostro Vescovo.

Nella comunità di S. Josè, stiamo preparando la costruzione della scuoletta vera e propria per i nostri bimbi. Speriamo che il Signore ci aiuti a realizzare questo sogno entro il 2008.

Un caro saluto da estendere ai padri, al gruppo missionario, agli ex oratoriani, alle famiglie adottandi e ai tanti amici e benefattori milanesi.

Don Pierangelo Valerio




«L’aborto come l’infanticidio sono abominevoli delitti»
(Gaudium et Spes 51,3)


1978-2008: sono 30 anni che la legge 194/78 ha introdotto nei cuori e nelle menti dell'opinione pubblica italiana l'idea che l'aborto sia un fatto normale, una questione della donna. Il silenzio su cosa sia stato e cosa significhi l'attuazione di questa legge è totale.

Qui di seguito trovate come il Parroco don Guglielmo Cestonaro, ha commentando la frase dal Vangelo di Matteo letto il 30 dicembre, domenica tra l'ottava di Natale: “Erode sta cercando il bambino per ucciderlo” (Mt 2,13).

Il commento del parroco:

Anche oggi gli erodi di questo mondo continuano a fare stragi. Gesù è ancora minacciato, minacciato nella vita dei più deboli.

Tre settimane fa abbiamo applaudito alla nuova legge contro la pena di morte. "Nessuno tocchi Caino!". Siamo d'accordo.
Ma chi gridava questo slogan biblico erano i radicali, gli stessi che hanno voluto la legge 194. Gli stessi che sostengono l'eutanasia, gli stessi che vogliono la strage dei bambini down.
Oggi si contano oltre 5 milioni di bambini uccisi prima di nascere.
La conclusione del parroco: «Perchè non creare il movimento: “Nessuno tocchi Abele... Giù le mani da Abele!”»?

Nel frattempo resta l’amore disinteressato dei volontari del Movimento per la Vita che operano nei 250 Centri di Aiuto alla Vita. Essi amano il bimbo ma anche la sua mamma cui vanno incontro offrendole, pur nella limitatezza delle proprie risorse, tutti gli aiuti possibili, anche economici, restituendole serenità e salvando così decine di migliaia di bambini.

Per gli aiuti alla mamme in attesa: S.O.S. Vita - 800-813000
Visita i siti: www.mpv.org; www.comitatoveritaevita.it

A cura di Giuseppe Giandomenico
ggiando@libero.it






Carissimi amici,
Quest'anno ricordiamo i 24 anni della nostra Associazione. Sono stati anni pieni di iniziative con attenzione particolare alle varie necessità.

Abbiamo iniziato con entusiasmo (che c’è ancora) convinti che avremmo avuto il vostro aiuto per portare avanti piccoli, ma significativi progetti, come aiutare amici in difficoltà e l’adesione alle varie iniziative parrocchiali, con il nostro contributo per il rifacimento del tetto della nostra chiesa, il sostegno agli anziani e alla S. Vincenzo.

Una cosa bella e importante che abbiamo fatto è stata quella di trasferire a nostre spese, a Torino, nella tomba della Congregazione dei PP. Giuseppini i resti del nostro primo parroco don Giacomo Velo.

Abbiamo partecipato alle "Quaresime di fraternità" e all’acquisto di tavoli, da ping-pong, palloni ed altro per il nostro oratorio. Negli anni ‘90 abbiamo iniziato a collaborare con la missione di don Gabriele Prandi in Guinea Bissau, inviando generi alimentari, aiuti economici e l'adozione a distanza di due bambini.

Tutto questo è stato possibile, grazie alla vostra generosità che continua tuttora.

Il Consiglio Nazionale degli ex Allievi chiede un aiuto per il Centro Educativo Diurno per ragazzi svantaggiati, nella missione di Roman in Romania: La casa è pronta (vedi foto) ma mancano le attrezzature per completarla. Faremo il possibile per andare incontro a queste richieste.

Gli anni passano anche per noi, ma il nostro desiderio resta quello di poter aiutare con il nostro impegno chi è nella necessità. Preghiamo il Signore che ci dia la forza di continuare. Grazie a tutti!

P.S. Martedì 19 febbraio alle ore 19 celebreremo una S. Messa per i nostri cari defunti: intervenite numerosi.


Remo Chiavon



a tu per tu
… con altre religioni

Il 18 febbraio di cento anni fa un prete presbiteriano a New York promosse un’iniziativa ecumenica di grande efficacia: l’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani.

Correva l’anno 1908 e, da allora in poi, ogni anno questa iniziativa è stata rivissuta aprendo nuovi dibattiti su temi diversi. Per il centenario che si sta svolgendo in questa settimana, il tema considerato è proprio quello che ha dato il via a questa iniziativa: la preghiera. In questi giorni rifletteranno sul passo tratto dalla lettera ai Tessalonicesi che dice: «pregate continuamente». Allora mi sono chiesta: “come vivranno la preghiera i musulmani”? So, infatti, che la preghiera è uno dei cinque pilastri dell’Islam, ma per sapere come essa venga vissuta o recitata, mi sono informata prendendo le notizie sempre dal testo “Cento domande sull’Islam”.

Ho scoperto che esistono due modi per pregare: uno è quello della preghiera rituale, l’altro si chiama du ā’ ed è più simile a quello cristiano. I cristiani possono rivolgersi a Dio con la preghiera corale, con quella individuale, con quella liturgica. Invece «per un musulmano, la preghiera rituale si esprime nel compiere certi riti come la prostrazione, in maniera formalmente perfetta. […] chi la effettua […] in conformità con il rito previsto, dopo essersi purificato con le abluzioni, ha fatto la preghiera». Questo per cinque volte al giorno e ogni volta per la durata di cinque/dieci minuti.

La preghiera più importante per il cristiano è la Messa e, normalmente, per vivere la Messa si va in chiesa. Ingenuamente, pensavo valesse altrettanto per l’Islam; invece ho scoperto che la Moschea, non è assimilabile alla nostra chiesa. Il vocabolo più diffuso nel mondo arabo-islamico con cui si indica la Moschea nasce dalla radice del verbo arabo che vuol dire radunare. In questo luogo, dunque, i musulmani non pregano solamente, ma discutono delle questioni sociali, culturali e politiche, radunandosi assieme ogni venerdì a mezzogiorno e, dopo aver adempiuto la preghiera pubblica, prendendo le debite decisioni.

Valentina Caleca





ANGOLO DELLA POESIA





Il pane “Sua Maestà”

Tra i tanti, c'è un profumo
che ancor assai più bello
del profumo di un fiore da calore e poesia.

Lo senti la mattina
quando passi davanti la bottega,
e la prima sfornata
sparge l'aroma in tutta la contrada.

E' il profumo del pane
che dentro le tue mani
gioisce di saziare la tua fame.

Guarda nella vetrina,
ti sembrano invitare: "forza non esitare,
smettila con le diete, siam qui per te:
michette, pane all'olio,
biovette, modenesi,
ciabatte e bastoncini di francese,
non hai che la fatica di scernire.

Son io che ti fa sangue,
io, che al desinare
di povero o signore,
a qualunque pietanza do sapore.

Anche il buon Dio si fidò di me
e per il Meglio di ogni Sacramento
scelse il puro candor del mio frumento.

E allora, sta a sentire: basta con fissazioni e novità,
ma per bontà, allegria e gioie sane
scorda pur ciò che vuoi, ma non il pane”.
Dialogo, canto, urlo
muovendo passi lenti di
irrefrenabile gioia,
mentre i tendoni mi sfiorano con il loro bisbiglio.
Le parole scorrono come un
fiume felice.
Ogni battito suona
un'immacolata melodia.
Le braccia del palco stringono al cuore suo figlio.

Baciano gli imponenti
personaggi di cui si veste,
tante mani si stringono
e legano immensi spiriti vitali.
Due realtà si uniscono
due mondi si scoprono
due vite si parlano.

Le mie ali si irrobustiscono
e le parole pennute sono
la mia aria
volando sento il tepore
dell'espressione
o teatro benedetto
concedimi un'onirica verità
aiutami a leggere me stesso.

Sì, nella tua casa io ripongo
me stesso
e sorveglio vive speranze
che maturano nella recita.
Il sipario mi restituisce il mondo
La fitta foresta di trame
Aggrovigliata semplicità
misteriosa.

Ma tu non sei per me una
spenta maschera,
io ti ho scelto e vivo in te.
Tu sei la stoffa della mia
esistenza
Gli occhi del pubblico sono
accecanti luci,
mi risvegliano da un sogno
e mi spingono ad alzarmi.

Esco e indosso una
maschera a metà
un mantello mi nasconde,
i massi della sfida sono
acidi suoni.
Ma tu sei desiderio di vittoria
un giorno toglierò la maschera
sarò il vero figlio del sipario tra parole, strofe e grida.

Ada Lauzi



Fotografie


"Premiazione concorso presepi"

Il parroco con una equipe giovane ha visitato oltre 40 presepi e domenica 13 gennaio alla Messa delle 10,00, sono stati premiati dal Superiore della Provincia Italiana P. Tullio Locatelli i primi 3 classificati e i valorosi volontari che anno realizzato i presepi in chiesa, in catechesi e in via Gonin.
Tutti i partecipanti hanno ricevuto un attestato e un piccolo dono.



27 gennaio 2008 - Festa della Famiglia




Domenica 20 gennaio, i bambini dell’Anno della Fede con i loro genitori, le catechiste e don Samuele durante la Messa hanno espresso il loro desiderio di essere discepoli di Gesù e di volerlo seguire imparando ad amare tutti con gesti concreti.


I chierichetti con Gesù Bambino